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Storia degli scavi

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Tell Afis si trova al margine settentrionale della pianura di Idlib, 11 km a nord di Tell Mardikh/Ebla. I primi scavi sul sito furono condotti nel 1970, 1972 e 1978 dalla Missione Archeologica Italiana dell'Università di Roma "La Sapienza", diretta da Paolo Matthiae. Le ricerche si concentrarono sull'acropoli, dove furono individuati i resti di un vasto edificio (in seguito identificato come Tempio A I) e di unità domestiche densamente distribuite, che suggerivano un'ampia occupazione durante l'Età del Ferro. Nel 1986 ha avuto inizio, sotto la direzione di Stefania Mazzoni, un nuovo progetto di ricerca congiunto (con la partecipazione delle Università di Firenze, Pisa, Bologna e Roma "La Sapienza"). Sebbene l'obiettivo principale fosse l'indagine sui livelli dell'età del Ferro, le ricerche hanno indagato anche le fasi precedenti. Sono state progettate numerose aree di scavo: nella città bassa a sud (aree D1-D2) e a nord dell'acropoli (Aree B1-B3, F, H, M), sul fianco occidentale (Aree E1-E4) e su quello orientale (Aree N1-N2) dell'acropoli stessa, e sulle sommità occidentale (Aree A1-A3, J) e orientale (Aree G, L). Il progetto, proseguito ora da OrMe (Fondazione per l'Oriente Mediterraneo) e dall'Università di Firenze, sempre sotto la direzione di Stefania Mazzoni, include la ricognizione sul territorio di Afis: la piana alluvionale (detta Jazr in epoca medioevale) limitata ai margini meridionale e settentrionale dalle pendici dei monti Zawiye e Seman, ai lati occidentale e orientale dal bacino del Ruj e dalla depressione del Nahr el Quqeiq. Sia gli scavi che la ricognizione hanno fornito documentazione della lunga e continua occupazione di questa piana fertile e nodale dal Tardo-Neolitico.

 

Nel 2020 la casa della missione archeologica di Tell Afis a Saraqib è stata riaperta dalla Direzione delle antichità per recuperare i materiali ancora presenti nei magazzini dopo la devastazione occorsa durante il conflitto bellico. Questi materiali, essenzialmente ceramica, litica, ossa e campioni paleobotanici, sono stati trasferiti all’interno del museo di Marrat al-Nouman, anch’esso danneggiato nel corso della guerra.

Nel 2021 è stata compiuta da parte degli archeologi dell’Università di Firenze una missione di controllo e primo intervento di salvaguardia su questi materiali dentro tale museo con la sistemazione preliminare di 140 casse allo scopo di predisporne il trasferimento al museo di Hama. Nel dicembre del 2021 la casa stessa della missione è stata oggetto di un sopralluogo da parte delle due codirettrici dello scavo per verificarne le condizioni e i danni subiti.

Nel 2022 sono stati realizzati due interventi di censimento e riorganizzazione del materiale trasferito nel museo di Hama con la collaborazione del personale locale dell’istituzione. In queste occasioni si è anche avviato una serie di interventi di restauro su alcuni vasi di particolare interesse. Data la quantità di materiali ancora da ricontrollare, si prevede che il lavoro avviato possa essere completato in almeno due ulteriori campagne.